Quattro chiacchiere sull'alpinismo, il femminismo e un corso di escursionismo online per ragazze. Con The Feminist Hiking Collective | Patagonitana | UIMLA INTERNATIONAL MOUNTAIN LEADER
Intro

Sono stata intervistata da Elena di The Feminist Hiking Collective, una ONLUS femminista nata a gennaio 2020, il cui obbiettivo è quello di costruire e sostenere una leadership femminista collettiva attraverso l’escursionismo. Incredibile no? Anche loro come me, pensano che andar per monti possa essere roba da femmine! Non potevo farmi scappare l’occasione di fare quattro chiacchiere con loro. 

La Onlus collabora con alcune organizzazioni no-profit di cui sicuramente avrete sentito parlare: le Cholitas Escaladoras in Bolivia, Mujeres a la Cumbre in Argentina ed Empowering women in Nepal. Una bomba! 

L’intervista si è tramutata in un infinito flusso di coscienza, e la povera Elena ha dovuto fare un capillare lavoro di editing per non far scendere la catena ai lettori del Feminist Hikers Blog. Ma sono sicura che voi non avete niente di meglio da fare, oggi, 25 Dicembre 2020. Piove, e poi tanto dove dovete andare? Beccatevi la versione integrale! 

Per la prima volta poi avrete l’occasione di leggere un testo mio in cui non uso parolacce, dissimulo bestemmie nè tantomeno faccio allusioni ad organi genitali. Imperdibile! Buona lettura!

Da quale necessità nasce questo corso di escursionismo per donne?

Il corso di escursionismo al femminile è il risultato finale di una serie di riflessioni fatte assieme ad alcune amiche, alcune appassionate di montagna, altre completamente neofite. Ho ricevuto spesso richieste di consigli molto specifici da parte di alcune ragazze, per riuscire ad affrontare una determinata situazione in cui si sarebbero trovate a vivere in montagna o in un ambiente remoto, spesso molto freddo. Mi sono resa conto quindi che è il caso di iniziare ad affrontare tutte queste questioni (tutte molto pratiche) da un punto di vista unicamente femminile. Per esempio molto spesso, ciò che il mercato dell’attrezzatura outdoor ci offre per preparare al meglio la nostra avventura in montagna, è pensato in ottica “unisex”. Il più delle volte ciò che troviamo va bene anche per noi. In alcuni casi però, sapere cosa fa al caso nostro e saperlo trovare ed usare, potrebbe semplificarci nettamente la vita e permetterci di vivere l’esperienza della montagna in maniera più serena (e comoda!). 

Al di là della questione meramente pratica, il messaggio che mi preme trasmettere è che con i giusti mezzi e un po’ di pratica, con la giusta consapevolezza e con un occhio costantemente vigile sulla sicurezza, tutte le donne sono perfettamente in grado di organizzare la propria avventura in montagna senza sentire la necessità costante di avere affianco una persona più forte e preparata, solitamente un ragazzo. Questa sensazione di falsa sicurezza, questa illusione di potersi affidare a qualcun altro di più forte non è solamente svilente e riduttiva, ma anche pericolosa. Dobbiamo curare la nostra preparazione al 100% sempre, senza lasciare nulla al caso, e non affidarci completamente alle decisioni e alla volontà di chi ci accompagna. Dobbiamo smettere di “farci portare in montagna” o “farci portare a fare una via”. Basta individuare l’avventura adatta a noi, al nostro livello, prepararsi, trovare le compagne giuste, e andare!

Come trovi la realta dell'alpinismo ed escursionismo oggi?

Ci tengo a specificare che io mi definisco un’alpinista della domenica. Sono appassionatissima di montagna, è la mia principale fonte di gioia e allegria, ma non sono un fenomeno. Mi ritengo un’eterna principiante e ho mille paure e insicurezze, perciò la mia opinione conta veramente molto poco.

L’alpinismo è diventato un’attività un po’ esibizionista. Forse lo è sempre stato, ma magari qualche decina di anni fa lo era in un altro modo. Ora possiamo vedere alpinisti stranoti partecipare e addirittura condurre programmi tv. Queste storie non riescono ad appassionarmi, ci vedo troppa smania di protagonismo da parte dell’uomo, e tutte le avventure vissute rimangono un po’ in ombra. Io sono sempre attratta dalle storie che ci vengono raccontate da alpinisti un po’ “vecchia scuola”, che hanno sponsor sì, ma che ancora raggiungono i campo base quasi unicamente con le proprie forze (penso a Matteo della Bordella e le centinaia di km in kayak in Groenlandia , in Alaska e in Patagonia) o a chi riesce a contare per intere settimane solamente sulle proprie forze e alla propria forza di volontà, e in questo caso ti citerò orgogliosamente una donna: Silvia Vidal. L’alpinista catalana è rimasta per più di un mese da sola su una grande parete in Cile per aprire una via di 1200 metri, di difficoltà contenute, ma ha fatto tutto da sola! Ci ha messo due settimane solamente per trasportare tutto il materiale che le sarebbe servito, facendo avanti e indietro numerose volte con 25 kili di carico, ogni volta. Per me è incredibile e mi dispiace che non ci sia stata più risonanza per questo evento. Pensa che quando è tornata alla civiltà, era scoppiata la pandemia e lei non ne aveva assolutamente idea. Non aveva neanche una radio con sè!

Quanto è importante per te abbandonare la competitivita e costruire comunita ed uno spazio e cultura collettiva nell'alpinismo ed escursionismo

Non solo credo che sia importante, ma assolutamente necessario. Quello della competitività è un meccanisco che non riesco a comprendere fino in fondo. Forse è un sentimento un po’ innato, o forse un istinto che viene potenziato dagli stimoli con cui ci bombarda la società in cui viviamo. L’importante però è sapere tenerlo sotto controllo e trasformare la competitività in un sano stimolo di autosuperazione. 

Soprattutto nel mondo dell’alpinismo la competitività è sempre stato un elemento dal peso mostruoso, un sentimento che ha portato grandi alpinisti a lasciarci le penne su qualche grande parete, ma allo stesso tempo ha portato grandi esploratori a conoscere luoghi incredibili, e poi a farli conoscere a noi. Probabilmente il polo sud non sarebbe mai stato scoperto, se prima non si fosse scoperto il polo nord… 

Al livello a cui però io e buona parte delle persone che frequento pratichiamo l’alpinisimo e l’escursionismo sarebbe veramente il caso di lasciar perdere la competitività becera e pensare a esplorare e a divertirsi, andare in montagna per il semplice gusto di farlo, per il piacere della scoperta, della condivisione, semplicemente perchè le montagne “sono lì”. Io ci sto lavorando, soprattutto ascoltando chi ha più esperienza di me, ma anche chi ne ha di meno e ha un approccio rilassato alla montagna. Ci sarebbe così tanto da imparare gli uni dagli altri se solamente fossimo in grado di condividere le nostre esperienze senza arrivare a sentire l’esigenza di compararle.

Ti sei formata come International Mountain Leader in Spagna e sei stata guida in Patagonia e Islanda, come sono le realta di guide di montagna e dell'escursionismo li?

Sotto certi aspetti sono avanti anni luce rispetto a noi. Se da una parte è vero che al mio corso eravamo solamente in 4 donne su 30 alunni, è altrettanto vero che l’agenzia per cui ho lavoro in Islanda (che è spagnola) ha ammesso di preferire nettamente assumere guide donne. Hanno riconosciuto che le ragazze sono più attente ai dettagli, hanno più cura del materiale messo in dotazione dall’agenzia, hanno più pazienza con i clienti e se foriamo, cambiamo le gomme dei furgoni esattamente come lo farebbe qualsiasi nostro collega. 

In Argentina ho avuto qualche difficoltà in più. L’agenzia per cui lavoravo a Ushuaia aveva un rifugio. Io normalmente mi occupavo di guidare un’escursione ad un lago, ma se saltava l’escursione, indovina chi andava a fare le pulizie in rifugio? La Ale… 

D’altro canto però, so che le quote rosa alle scuole per guide in Argentina sono altissime. Ho conosciuto molte ragazze che lavoravano o avevano lavorato come guide nel parco nazionale dell’Aconcagua. Pensa che lì a Mendoza, dove si trova una dei principali centri di formazione per guide, una volta il test d’accesso delle ragazze era diverso rispetto a quello dei ragazzi. Sono state proprio loro a chiedere che venisse abolita questa differenza, sostenendo che poi il lavoro che sarebbero andate a fare sarebbe stato lo stesso, con gli stessi oneri, doveri e carichi da portare. Sinceramente non so cosa pensare in merito. Probabilmente è giusto. D’altronde non si tratta di una competizione sportiva in cui ci si divide per categorie. 

Per quanto riguarda l’Islanda, ti dirò che lì vincono a mani basse in termini di equità. Ci sono molte agenzie che propongono escursioni guidate sui ghiacciai, e devo dire che il numero di guide donne che fanno parte dei vari team è altissimo. Le guide quando non sono con i clienti si occupano della manutenzione dei tracciati. Ho visto tantissime volte tante guide donne picconare per ore e ore il ghiaccio per scavare gli scalini per i clienti, magari sotto una pioggia battente o una potente nevicata. Maledetta parità dei sessi!

Perché sei diventata guida di montagna, e cosa speri per il futuro del corso di escursionismo per donne? Mi parlavi di costruire comunità...puoi approfondire?

Prima di decidere di iniziare la formazione per accompagnatore di media montagna (curiosità: non possiamo definirci accompagnatrici perchè la definizione risulta ambigua…) lavoravo già come guida escursionistica e tour leader all’estero. Ho pensato che avrei voluto avere una certificazione che fosse riconosciuta nella maggior parte dei paesi del mondo per poter avere più possibilità di lavoro. Prima però ho anche seguito un corso di primo soccorso in zone remote (Wilderness First Responder). Al di là del riconoscimento comunque, desideravo ricevere una formazione completa e sono molto contenta del percorso che ho fatto. Il centro dove ho fatto la formazione in Spagna è veramente molto valido.

Ciò che spero e mi aspetto dal corso di escursionismo è di poter lavorare con un bel gruppo di ragazze entusiaste e desiderose di mettersi alla prova. Il mio desiderio è di riuscire a trasmettere tutto il mio amore per la montagna e l’avventura e di poter condividere quanto imparato durante i due anni di formazione e la mia esperienza. Spero di poter riuscire a dare risposta a tutte le domande che mi possano essere rivolte dalle partecipanti e spero di riuscire a motivare tutte quelle ragazze che fino ad ora non se la sono sentita di caricare lo zaino e partire, da sole o in compagnia di qualche amica con cui lanciarsi al di fuori della propria comfort zone e fare nuove esperienze. Spero che si formi un grande gruppo composto da avventuriere che vogliano fare comunità: condividere le proprie esperienze, motivarsi, organizzarsi per partire assieme con una preparazione che le faccia sentire tranquille di poter affrontare qualsiasi situazione.

La mia speranza è anche di riuscire a svincolare l’immagine della donna che va in montagna dal concetto di “persona fragile che si immerge nella natura per ritrovare sè stessa”. Non fraintendermi, ogni esperienza nella natura e in montagna per è una esperienza forte, di messa in discussione, di superamento, ma è soprattutto un’esplosione di gioia. Vorrei passare il messaggio che anche noi donne possiamo andare in montagna per il puro e semplice gusto di andare in montagna a stare bene, a divertirci, a fare fatica e per renderci conto che puzzare di sudore per tre giorni di fila non è poi così una tragedia.

Cosa ti ha aiutato a superare alcuni momenti difficili e impegnativi del tuo lavoro come guida nei diversi posti nel mondo, quali sono i principali insegnamenti che vorresti condividere con noi?

Devo dire che ho vissuto più momenti difficili durante la formazione. Non ho mai dubitato della passione per il mio lavoro, anche se ogni volta che aspetto un gruppo nuovo o che devo guidare in un terreno che non conosco, ho i sudori freddi. Ma fa parte del gioco, è un brividino che scorre lungo la schiena che mi piace, è come sentire le farfalle nello stomaco. Devo anche ammettere però che ancora adesso a volte (spesso) mi lascio prendere dall’ ansia e passo qualche notte in bianco prima di partire. 

Probabilmente fa parte del ruolo dei formatori di portarti un po’ al limite e mettere alla prova i tuoi nervi e a tua forza di volontà. Devo ammettere che con me hanno trovato pane per i loro denti, perchè ho desiderato diverse volte bucare le gomme del furgone di quel professore, o buttare giù da un borrone quell’altro docente. Per ritrovarmi poi la sera con una bella crisi di nervi, a piangere lacrime amare mentre stringevo il cuscino e mi ripetevo di essere una buona a nulla. Una volta sono addirittura arrivata a mettere in dubbio il mio amore per la montagna. Erano riusciti a farmi dubitare così tanto che mi sentivo insicurissima, mettevo in discussione qualsiasi cosa pensassi quando mi trovavo su un sentiero. Quella volta ho semplicemente chiesto aiuto agli amici fatti durante un corso di alpinismo con il Cai di Padova e in particolare a uno degli istruttori. Gli ho semplicemente detto che ero piena di paure, e che volevo tornare ad andare in montagna per divertirmi, per godermela con i miei amici. E l’abbiamo fatto, e nel giro di poco è tornato tutto come prima. Anzi, meglio di prima. 

Va bene avere momenti di scoramento. E’ normale, sono pochi i fenomeni che hanno le idee chiarissime e quasi nessuno va sempre dritto come un treno verso il proprio obbiettivo. E se anche un bel giorno ci dovessimo rendere conto che la montagna, l’avventura, il freddo, il dormire scomodi in una tenda umida, il disagio delle stesse mutande sporche per giorni non fa per noi, sai cosa succede? Assolutamente nulla. Dobbiamo provare, lanciarci, fallire, accettarlo e passare oltre. Se non ci proviamo come facciamo a sapere se funziona? Va bene essere emotivi (vale anche per gli uomini), riconoscere le proprie debolezze e lavorarci, e va ancora più bene emozionarsi davanti ad un paesaggio così bello da far piangere, a me succede sempre! 

(Mi soprendo di me, questo me lo rileggerò la prossima volta che ho un momento di down!)

tre ragazze alle prese con la via spigolo nascosto a santa massenza
Io, Valentina e Zorz simulando una poco credibile rilassatezza in via.
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