Marmolada montagna assassina
Appello ai ghiacciologi

Cari tutti: mi rivolgo a voi, novelli glaciologi e metereologi. Lo so che siete stremati dallo sforzo, d’altronde sono anni che siete impegnati a sentenziare su pandemie, guerre, partite di calcio, politica estera e uteri di terzi. Non è mica un lavoro facile, quello del tuttologo.

Vi chiedo solo un ultimo sforzino, ed è quello di leggere queste righe.

In questi giorni ho letto una marea di troiate colossali su quanto successo sulla Marmolada, montagna a me molto cara. Numeri di vittime e dispersi gonfiati, teorie demenziali sulla dinamica dell’incidente, giudizi e sentenze su chi si trovava sul ghiacciaio a quell’ora (quella gente stava scendendo, non salendo, pirlotti) titoloni sensazionalistici tipo “inferno di ghiaccio”,”montagna assassina”, e non poteva mancare ovviamente una forsennata caccia al colpevole.

In questo oceano di idiozie e cattiverie, c’è un particolare, su un titolo di un giornale, che mi ha colpito e che mi ha infastidimachecazzo scrivo, che mi ha fatto girare i coglioni più di ogni altra cosa.

Virgolette stocazzo

Ciò che mi ha fatto incazzare come una iena è stato leggere su quel titolo le parole “professionisti” della montagna, per rivolgersi alle guide alpine. Occhio, le virgolette sono solo prima e dopo la parola professionisti, non racchiudono le tre parole, quelle virgolette non sono lì a caso.

Quelle stramaledette virgolette sono una malcelata accusa a chi domenica ci ha rimesso le penne per portare in cima a una montagna qualcuno che senza di loro la cima probabilmente non l’avrebbe vista neanche in cartolina. Quelle virgolette sono messe lì per gettare il seme del dubbio sulla professionalità e la capacità di giudizio di quelle guide.

Quelle virgolette del cazzo fanno da eco a tutti quegli incompetenti che stanno da giorni gridando a gran voce che i ghiacciai andrebbero chiusi, che andare in montagna con sto caldo è da incoscienti, che c’era da aspettarselo e che sì, insomma, quelle guide probabilmente il loro lavoro non lo sapevano fare.

A zonzo per le 13 Cime con la Guida Alpina Giovanni Zaccaria
Guide alpine e cappelle

La professione di guida alpina esiste da praticamente 250 anni.

una guida alpina sulle piccole dolomiti
A zonzo per vaj con la Guida Alpina Andrea Basso

In questi 250 anni questa figura professionale è cambiata, sì è affinata ed evoluta fino ad assumere le caratteristiche che possiamo facilmente riconoscere in quei nerboruti uomini e donne che si muovono lungo i pendii delle montagne con passo sicuro ma scazzato, zaino inspiegabilmente minuscolo, mani giunte all’altezza del pube a sorreggere i maroni o giunte dietro alla schiena, sotto allo zaino, stile umarell.

In questi 250 anni di cappelle le guide alpine ne hanno sicuramente combinate: valutazioni errate, sottostima dei pericoli, ego che offuscano la mente, la pressione dei clienti che “se ti pago tu mi porti in cima”.

Rischio soggettivo e rischio oggettivo

Però vi svelo un segreto: ai corsi guide (anche per Amm e a dirla tutta anche ai corsi Cai) una delle prime cose che viene spiegata è la differenza tra rischio oggettivo e rischio soggettivo.

In parole povere e a prova di bionda, il rischio soggettivo è quello che dipende da te, da me, da noi e dai clienti, dallo stato fisico, mentale, dalla motivazione, dall’equipaggiamento in dotazione, dalla preparazione di guida e cliente.

Il rischio oggettivo, cari miei, è invece quello strettamente legato alla natura ovviamente selvatica e imprevedibile dell’ambiente montano e ai relativi eventi atmosferici. E su questo tipo di rischio noi umani possiamo intervenire per prevenirlo ed evitarlo in maniera veramente relativa.

Quando si va in montagna si accetta il fatto che ci si sta esponendo a dei pericoli e stop.

Bollettini meteo, gps, radio, diavolerie tecnologiche varie, e la nostra preparazione (o quella del professionista della montagna a cui decidiamo di affidarci) sono gli unici strumenti che abbiamo per evitare di cacciarci nei guai quando saliamo di quota, ma cristo dio, la sfera di cristallo nel kit di primo soccorso io non ce l’ho, non ce l’ha nessuno.

Non è per mancanza di professionalità che quelle persone sono rimaste sotto a tonnellate di ghiaccio e rocce assieme ai loro clienti. Non c’era modo di sapere che in quel momento il ghiacciaio sarebbe venuto giù. Quello che è venuto giù non è un seracco stile seracchi del Monte Bianco sotto ai quali effettivamente a una certa ora si evita di passare. Quel ghiacciaio sospeso non aveva un fronte minaccioso e traballante a punto di crollare. Quella normale non è come la normale al Weissmies. E probabilmente buona parte di voi non starà capendo un’ostia di quello che ho appena scritto perchè non è che per forza bisogna sapere sempre proprio tutto. 

E quindi non è che per forza bisogna mettere bocca sulla professionalità di un lavoratore che ha perso la vita per il divertimento altrui. 

A zonzo per il Mont Blanc du Tacul con la Guida Alpina Santi Padros
Morali e molari

Gli aerei cadono, i treni deragliano, i camion si schiantano, i pazienti muoiono e i ghiacciai si sciolgono. Ma io sono piuttosto sicura che tutti i professionisti coinvolti in queste tragedie hanno fatto di tutto per evitare tutte quelle morti, e sicuramente anche la loro.

Poi volendo potremmo parlare del fattore umano e della catena di errori ma ho troppo caldo, non ho voglia e non mi sembra il caso. 

Vi voglio però salutare con una serie di aneddoti sui miei molari. 

2018: sono in Islanda e da un po’ mi fa male un dente. Dopo qualche settimana il dolore è insopportabile, non mi lascia dormire e io sto per impazzire. Porto a spasso i clienti masticando delle carotine baby congelate, l’unico modo per avere qualche minuto di sollievo. A metà viaggio sull’orlo del delirio vengo accompagnata dal mio prode collega Willy in pronto soccorso a Husavik, attraversando una bufera di neve (e tra l’altro quindi rischiando la vita di entrambi). Il dentista dell’ospedale di Husavik mi fa l’anestesia direttamente in vena e mi trapana il dente per devitalizzarlo, ma non riesce a trovare tutti i canali. Sarei dovuta quindi tornare dal mio dentista al mio rientro per concludere l’opera. 

Costo intervento 350 euro. 

Torno in Italia e vado dal mio dentista. Il dente viene riaperto, viene trovato il canale mancante e in circa 4-5 interventi il dente viene devitalizzato. 

Costo intervento 700 euro.

Poco prima di terminare l’intervento con l’applicazione della corona, inizia a farmi male anche il dente a fianco. La cosa viene sottovalutata dal mio dentista che mi dice che sarà una carietta. Nel frattempo interviene su altri denti sostituendomi delle vecchie otturazioni, che però a distanza di qualche settimana saltano tutte. Devo quindi tornare ciclicamente a risistemarle. 

Costo sostituzione otturazioni 600 euro. 

Nel frattempo il molare sopra menzionato comincia a farmi impazzire dal dolore e quindi inizia l’opera di devitalizzazione. 

Dopo qualche mese dalla devitalizzazione il dente ricomincia a farmi male, ma il mio dentista pensa che io sia pazza, perchè il è devitalizzato e non può farmi male. Però a me fa effettivamente male. Mi vengono fatte na roba tipo 3 tac che insomma mi sa che è più probabile che muoia di tumore al cervello che schiacciata da un seracco ma ok. 

Il mio dentista continua a dire che è impossibile che il dente faccia male perchè è devitalizzato ma intanto io pago il totale dell’intervento e me ne vado con un provvisorio. 

Costo operazione 650 euro. 

Devo trovare un altro professionista che deve ricominciare il lavoro da capo. 

Questa dentista mi trapana per l’ennesima volta il molare e trova un quarto canale, quello mancante, quello che il mio dentista non ha mai trovato perché non l’ha mai cercato, e termina il lavoro di devitalizzazione. 

In autunno metterò la corona e fine ai miei supplizi. 

Preventivo di 980 euro. 

Tutto questo per me è una tragedia. 

Che avrei veramente voluto evitare. 

(Però sarei anche potuta andare prima dal dentista e lavarmi meglio i denti)

A zonzo per le Piccole Dolomiti con la Guida Alpina Luca Gelmetti
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